Tragedia Croce di Job di Cevo, un teste: “Nessuno pensava potesse cadere”

«Mai nessuno ha pensato che la croce potesse cadergli addosso, né io né gli operai che lavoravano per noi». A quasi cinque anni di distanza la memoria vacilla, ma questa sensazione Alex Trentini la ricorda e la colloca nel 2013 quando trascorse alcuni mesi sul dosso dell’Androla per realizzare il percorso pedonale, i servizi e una cripta riservata alla preghiera ricavata dal vano sottostante la croce di Job. Il geometra di cantiere, figlio dei titolari della ditta che si era aggiudicata l’appalto per i lavori nel comune di Cevo, ha testimoniato ieri al processo per il crollo della croce che nel 2014 uccise il giovane volontario Marco Gusmini. Una morte tragica per la quale sono attualmente imputati Marco Maffessoli, presidente dell’associazione culturale «Croce del Papa», i consiglieri Elsa Belotti e Lino Balotti, don Filippo Stefani e Renato Zanoni, il progettista incaricato di effettuare le opere necessarie per collocare la croce. Nel corso dell’udienza di lunedì Alex Trentini ed il padre hanno cercato di ricordare, passo dopo passo i lavori realizzati sulla croce ideatoa dall’artista Enrico Job per la visita di Papa Giovanni Paolo II a Brescia nel 1998 – quando venne trasferito a Cevo dopo la presenza allo stadio Rigamonto. Al suo arrivo in Valcamonica, l’imponente scultura fu catramata sia da smontata che una volta rimontata sul dosso. Lo stesso procedimento volto a rendere il legno impermeabile all’acqua venne fatto nel 2008 e nel 2013. In ognuna di quelle occasioni, però, nessuna delle persone a contatto con la croce si accorse di anomalie alla struttura o avrebbe sollevato dubbi in merito. Il processo è stato aggiornato al 28 maggio, quando saranno ascoltati ulteriori testi mentre a luglio è stato annunciato l’esame dei due imputati Zanoni e Maffessoli. La sentenza è attesa per fine estate.