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Domani inizia il Conclave. Come si elegge un Papa

la Sistina per il Conclave del 2013 (foto Vatican News)

I 133 cardinali elettori chiamati a scegliere il 267mo Romano Pontefice durante il Conclave avranno tra le mani una scheda di forma rettangolare con la scritta “Eligo in Summum Pontificem” nella metà superiore e “il posto per scrivere il nome dell’eletto” nella metà inferiore e “fatta in modo da poter essere piegata in due”.

È tutto meticolosamente descritto dalla Costituzione Apostolica Universi Dominici Gregis. Preparate e distribuite le schede (almeno due o tre a ciascun cardinale elettore) da parte dei cerimonieri, l’ultimo cardinale diacono estrae a sorte, fra tutti i cardinali elettori, tre scrutatori, tre incaricati a raccogliere i voti degli infermi (infirmarii) e tre revisori. Se in tale estrazione escono i nomi di cardinali elettori che, per infermità o altro motivo, non possono svolgere tali mansioni, al loro posto vengano estratti i nomi di altri porporati. È questa la fase del pre-scrutinio. Prima che gli elettori comincino a scrivere, il segretario del Collegio dei cardinali, il maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie ed i cerimonieri devono uscire dalla Cappella Sistina, quindi l’ultimo cardinale diacono chiuda la porta, aprendola e richiudendola tutte le volte che sarà necessario, come ad esempio quando gli infirmarii escono per raccogliere i voti degli infermi e fanno ritorno in Cappella.

Ciascun cardinale elettore, in ordine di precedenza, dopo aver scritto e piegato la scheda, tenendola sollevata in modo che sia visibile, la porta all’altare, dove stanno gli scrutatori e sul quale è posto un recipiente coperto da un piatto per raccogliere le schede. “Chiamo a testimone Cristo Signore, il quale mi giudicherà, che il mio voto è dato a colui che, secondo Dio, ritengo debba essere eletto”: questa la formula che dirà, poi, ad alta voce, ogni cardinale, che depone, quindi, la scheda nel piatto e con questo la introduce nel recipiente. Al termine fa inchino all’altare e torna al suo posto.

I cardinali elettori presenti nella Cappella Sistina che non possono recarsi all’altare perché infermi, hanno l’ausilio dell’ultimo degli scrutatori che si avvicina loro: pronunciato il giuramento consegnano la scheda piegata allo scrutatore che la porta ben visibile all’altare e, senza pronunciare il giuramento, la depone sul piatto e con questo la introduce nel recipiente.

Se ci sono cardinali elettori infermi nelle loro stanze, i tre infirmarii vi si recano con un congruo numero di schede su un piccolo vassoio e una cassetta consegnata dagli scrutatori e da loro aperta pubblicamente, in modo che gli altri elettori possano costatare che è vuota, poi chiusa con una chiave deposta sull’altare. Tale cassetta ha nella parte superiore un foro dal quale può essere inserita una scheda piegata. Gli infermi votano con le stesse modalità degli altri cardinali, poi, gli infirmarii riportano nella Cappella Sistina la cassetta, che viene aperta dagli scrutatori dopo che i cardinali presenti avranno depositato il loro voto. Gli scrutatori contando le schede che vi si trovano e, accertato che il loro numero corrisponde a quello degli infermi, le pongono una ad una sul piatto e con questo le introducano tutte insieme nel recipiente.

Dopo che tutti i cardinali elettori avranno deposto la loro scheda nell’urna, il primo scrutatore agita l’urna più volte per mescolare le schede e, subito dopo, l’ultimo scrutatore procede al conteggio delle schede prendendole in maniera visibile una ad una dall’urna e riponendole in un altro recipiente vuoto. Se il numero delle schede non corrisponde al numero degli elettori, bisogna bruciarle tutte e procedere subito ad una seconda votazione. Se invece corrisponde al numero degli elettori, segue lo spoglio. I tre scrutatori siedono ad un tavolo posto davanti all’altare: il primo prende una scheda, la apre, osserva il nome dell’eletto e la passa al secondo che, accertato il nome dell’eletto, la passa al terzo, il quale la legge a voce alta – in modo che tutti gli elettori presenti possano segnare il voto su un apposito foglio – e annota il nome letto. Se nello spoglio gli scrutatori trovano due schede piegate in modo da sembrare compilate da un solo elettore, se queste portano lo stesso nome vanno conteggiate per un solo voto, se invece portano due nomi diversi, nessuno dei due voti è valido; ma in nessuno dei due casi viene annullata la votazione. Concluso lo spoglio delle schede, gli scrutatori fanno la somma dei voti ottenuti dai vari nomi, e li annotano su un foglio a parte.

L’ultimo degli scrutatori, man mano che legge le schede, le perfora con un ago nel punto in cui si trova la parola Eligo, e le inserisce in un filo, perché possano essere più sicuramente conservate. Al termine della lettura dei nomi, i capi del filo vengono legati con un nodo, e le schede vengono poste in un recipiente o ad un lato della mensa. A questo punto si procede con il conteggio dei voti, poi, dopo il loro controllo, le schede vengono bruciate in una stufa in ghisa usata per la prima volta durante il Conclave del 1939. Una seconda stufa, del 2005, collegata, serve per le sostanze chimiche che devono dare il colore nero in caso di non elezione e quello bianco nel caso di elezione.

Per l’elezione del Romano Pontefice occorrono almeno i 2/3 dei voti. Nel caso specifico del Conclave che inizierà mercoledì 7 maggio serviranno 89 voti per eleggere il Papa, essendo il numero dei porporati elettori di 133. Sia che il Papa venga eletto o meno, i revisori devono procedere al controllo sia delle schede sia delle annotazioni fatte dagli scrutatori, per accertare che questi abbiano eseguito esattamente e fedelmente il loro compito. Subito dopo la revisione, prima che i cardinali elettori lascino la Cappella Sistina, tutte le schede vengono bruciate dagli scrutatori, con l’aiuto del segretario del Collegio e dei cerimonieri, chiamati nel frattempo dall’ultimo cardinale diacono. Se, invece, si dovesse procedere immediatamente ad una seconda votazione, le schede della prima votazione saranno bruciate solo alla fine, insieme con quelle della seconda votazione. Le votazioni vengono fatte ogni giorno, due al mattino e due al pomeriggio, e se i cardinali elettori avessero difficoltà nell’accordarsi sulla persona da eleggere, dopo tre giorni senza esito, gli scrutini vengono sospesi al massimo per un giorno, per una pausa di preghiera, di libero colloquio tra i votanti e di una breve esortazione spirituale, fatta dal cardinale primo dell’ordine dei diaconi.

Quindi riprendono le votazioni. Dopo sette scrutini, se non è avvenuta l’elezione, si fa un’altra pausa di preghiera, di colloquio e di esortazione, tenuta dal cardinale primo dell’ordine dei presbiteri. Si procede poi ad un’altra eventuale serie di sette scrutini, e se non si raggiunge l’esito è prevista una nuova pausa di preghiera, di colloquio e di esortazione, tenuta dal cardinale primo dell’ordine dei vescovi. Quindi riprendono le votazioni, al massimo sette. Se non c’è elezione, viene dedicato un giorno alla preghiera, alla riflessione e al dialogo e nelle successive votazioni, si dovrà scegliere fra i due nomi che nel precedente scrutinio avevano ottenuto il maggior numero di voti. Anche in questi scrutini è richiesta la maggioranza qualificata di almeno due terzi di suffragi dei cardinali presenti e votanti, ma in queste votazioni, i due cardinali sui quali viene richiesto il voto, non possono votare.

Il giuramento degli addetti al Conclave

“Prometto e giuro di osservare il segreto assoluto con chiunque non faccia parte del Collegio dei Cardinali elettori, e ciò in perpetuo, a meno che non ne riceva speciale facoltà data espressamente dal nuovo Pontefice eletto o dai suoi Successori, circa tutto ciò che attiene direttamente o indirettamente alle votazioni e agli scrutini per l’elezione del Sommo Pontefice”.

Segretezza assoluta anche in futuro su ciò che si svolge nella Città del Vaticano, durante il Conclave, e in particolare su quanto “ha attinenza con le operazioni connesse con l’elezione” del Papa; rispetto del divieto di strumenti di registrazione audio e video, pena la scomunica latae sententiae riservata alla Sede Apostolica. È il contenuto del giuramento di ieri, 5 maggio, avvenuto nella Cappella Paolina, come previsto dall’Universi Dominici Gregis, la Costituzione apostolica promulgata da Papa Giovanni Paolo II il 22 febbraio 1996. A compierlo “tutti coloro che saranno addetti al prossimo Conclave, sia ecclesiastici che laici, approvati dal cardinale camerlengo e dai tre cardinali assistenti”.

Oltre al segretario del Collegio cardinalizio e al maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie, monsignor Diego Ravelli, erano presenti: 7 cerimonieri pontifici; l’ecclesiastico scelto dal cardinale che presiede il conclave, perché lo assista nel proprio ufficio; due religiosi agostiniani addetti alla Sagrestia Pontificia; i religiosi di varie lingue per le confessioni; i medici e gli infermieri; gli addetti agli ascensori del Palazzo Apostolico; il personale addetto ai servizi della mensa e delle pulizie; il personale della Floreria e dei Servizi tecnici; gli addetti al trasporto degli elettori da Casa Santa Marta al Palazzo Apostolico; il colonnello e un maggiore del Corpo della Guardia Svizzera Pontificia, addetti alla sorveglianza vicino alla Cappella Sistina; il direttore dei Servizi di sicurezza e della Protezione civile dello Stato della Città del Vaticano con alcuni suoi collaboratori.

Dopo essere stati istruiti sul significato del giuramento, tutti hanno pronunciato e sottoscritto personalmente la formula prevista, davanti al cardinale Kevin Joseph Farrell, camerlengo di Santa Romana Chiesa, e due protonotari apostolici di Numero Partecipanti come testimoni.

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