È il Michigan lo Stato da tenere sott’occhio per capire, salvo eventuali ricorsi, come finirà la corsa alla Casa Bianca tra il presidente in carica Donald Trump e il candidato del Partito democratico Joe Biden.

Attualmente la partita è ancora aperta: stando alle più aggiornate proiezioni, l’ex vice di Barack Obama può contare su 227 grandi elettori e il capo della Casa Bianca su 213. Per vincere le elezioni ne servono 270. Con il passare delle ore appare sempre più probabile che l’Arizona finisca nel campo democratico: con l’82 per cento dei voti scrutinati, Biden è in vantaggio di cinque punti percentuali. Il candidato Dem è favorito anche in Nevada e in Wisconsin, dove tuttavia il margine vantaggio è molto ridotto: dello 0,6 per cento nel primo caso (86 per cento delle schede scrutinate) e dello 0,2 per cento nel secondo caso (scrutinio all’89 per cento). Se confermasse tali risultati, Biden salirebbe a quota 254 grandi elettori.

Dall’altra parte, Trump è piuttosto sicuro di poter conquistare l’Alaska (3 grandi elettori) ed è ben posizionato in altri due Stati in bilico nei quali lo scrutinio è in fase molto avanzata: la Georgia, dove gode di un vantaggio di 2,2 per cento con il 92 per cento delle schede conteggiate, e la Carolina del Nord, dove il distacco è dell’1,4 per cento con il 95 per cento dello scrutinio completato.

A questo punto, restano in palio due Stati: la Pennsylvania (20 grandi elettori) e il Michigan (16 grandi elettori). Per arrivare alla Casa Bianca, Biden ha bisogno di conquistarne solo uno dei due. Nel primo il vantaggio di Trump appare molto consistente (ben 11,5 punti percentuali), ma lo scrutinio è solo al 75 per cento e ballano circa 1,8 milioni di voti per corrispondenza che secondo gli analisti statunitensi potrebbero essere in grande maggioranza a favore di Biden. La competizione è molto più serrata in Michigan, perché il vantaggio di Trump pare assottigliarsi col passare delle ore.

Al momento, con l’85 per cento delle schede scrutinate, il presidente in carica è proiettato al 49,6 per cento, il senatore democratico al 48,7. La differenza è di meno di 25 mila voti e da conteggiare ci sono ancora circa 700 mila schede per corrispondenza.

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