Omicidio di Serle: quattro nuovi indagati per falsa testimonianza

La tragedia di Serle assume dimensioni più grandi rispetto a quelle già ampie che aveva raggiunto in questi anni. I fatti narrano di un uccisione, quella di Eduard Ndoj, un ragazzo albanese colpito da una fucilata nel tentativo di fuga dopo una tentata rapina in una abitazione di Serle. Era il 14 dicembre del 2014 e a sparare quel colpo fu Mirco Franzoni, condannato a 9 anni e 4 mesi per omicidio volontario. Così ha deciso il 13 dicembre scorso la corte d’assise presieduta da Roberto Spanò. Ma Mirco Franzoni non è l’unico a pagare le conseguenze di quel gesto. La trasmissione degli atti alla procura con riferimento alle posizioni di quattro persone, Eugenio ed Ezio Franzoni, rispettivamente padre e fratello di Mirco, e altri due testimoni, Dario Sorsoli e suo figlio Mario. Ha portato quest’ultimi all’iscrizione nel registro degli indagati della procura. Nelle 76 pagine di motivazioni del presidente Spanò le considerazioni sono legate alle falsità dei testi. Il presidente scrive: «I famigliari e compaesani dell’imputato non si sono limitati ad assumere nei suoi confronti un atteggiamento omertoso dettato da un sentimento benevolo e solidaristico, ma si sono altresì resi protagonisti di una vera e propria opera di depistaggio che ha avuto pesanti ripercussioni tanto nella fase delle indagini quanto in sede processuale». Sempre secondo il magistrato «Eugenio ed Ezio Franzoni, unitamente a Dario e Mario Sorsoli, si sono intrattenuti per un significativo lasso di temporale al cospetto di una persona ferita a morte onde pianificare una strategia difensiva tesa a ridimensionare la portata dell’azione omicidiaria, determinandosi ad allertare i carabinieri ed i soccorsi solo nel momento in cui non potevano fare altrimenti». Un fatto grave secondo Spanò al pari del lasso di tempo trascorso tra la presenza di Ndoj a terra e la chiamata al 118.