Sono bloccati da circa tre settimane, dal momento in cui anche l’unico ascensore funzionante si è rotto. L’altro è fuori servizio da mesi. Una denuncia che è più un’accorata richiesta d’aiuto quella fatta dai residenti del palazzo di via Michelangelo 108 a Brescia, di proprietà dell’Aler. Un colosso di 15 piani con all’interno 48 famiglie, metà delle quali sono ostaggio dei guasti.

Chi vive nei piani più alti infatti, può evitarsi qualche rampa sfruttando l’ascensore della seconda scala. Per arrivarci bisogna però raggiungere la terrazza superiore (se non si soffre di vertigini) e quindi camminare fino al lato opposto dell’edificio. Un percorso accidentato che i giovani possono anche affrontare, ma lo stesso non vale per gli inquilini più anziani.

La signora Angela, ad esempio, ha compiuto 100 anni una quindicina di giorni fa. Da quando si è rotto il secondo ascensore è bloccata in casa, mentre solitamente era abituata a farsi accompagnare in carrozzella al centro diurno, ma nonostante questo ha ancora la forza di ironizzare e con un sorriso ci dice: “Come esco? In aereo ci posso andare”.

Ma le conseguenze sono – o potrebbero essere – molte altre. La prima è che quegli stessi anziani, così come non riescono a uscire, non possono nemmeno portare fuori la spazzatura. Iniziano quindi ad accumularsi nei corridoi sacchi di rifiuti, a volte stipati in carrelli della spesa. È impossibile anche consegnare le vitali bombole di ossigeno a chi ne ha bisogno

E quindi, se ci dovesse essere unìemergenza sanitaria? Un’altra inquilina non ci nasconde una forte preoccupazione quando le viene chiesto del marito invalido di 93 anni. Ovviamente anche lui non esce dall’appartamento, ma qualora stesse male e dovesse essere portato in ospedale? Immaginiamo sarebbe impossibile per il personale sanitario trasportare una persona imbarellata per decine di rampe di scale.

“Abbiamo chiamato l’Aler, abbiamo scritto lettere e email – ci spiega un’altra donna che vive nel complesso – Adesso si sono stufati delle telefonate e mettono giù il telefono. Basta. Ma noi questa vita non la possiamo fare”.