Continuare a tenere chiuse le scuole è un bene o un male? Da uno studio pubblicato sulla rivista Science, che ha analizzato le riaperture in Sudafrica, Finlandia e Israele, è emerso che i bambini raramente contraggono l’infezione e si contagiano l’un l’altro ed è ancora più raro che possano contagiare i familiari. Secondo l’infettivologo pediatra finlandese, Otto Helve, “i benefici di una riapertura sono molto maggiori dei rischi”. Lo studio di Science prende spunto da una lettera aperta firmata da più di 1.500 membri del “Royal College of Paediatrics and Child Health”, secondo i quali “continuare a tenere chiuse le scuole lascerebbe segni indelebili a un’intera generazione”.

Il direttore dell’istituto Mario Negri di Bergamo, Giuseppe Remuzzi, sul Corriere della Sera ha analizzato, con l’aiuto dei risultati pubblicati da Science, alcuni aspetti fondamentali in vista della riapertura delle scuole. I bambini, ad esempio si possono infettare ma non sembrano essere contagiosi, almeno secondo i dati raccolti dall’istituto Pasteur in sei scuole elementari. I ragazzi delle superiori invece 3 volte su 10 hanno sviluppato gli anticorpi, cioè sono venuti in contatto col virus, mentre insegnanti e membri dello staff hanno anticorpi rispettivamente 4 e 6 volte su 10. Quei ragazzi e quegli adulti si possono ammalare, ma di solito in forma lieve.

I bimbi, inoltre, dovrebbero poter tornare a correre, giocare e divertirsi il più presto possibile, purché non siano in troppi in una classe sola, e per chi ha meno di 12 anni non c’è nemmeno bisogno di distanziamento. Dovrebbero stare il più possibile in luoghi aperti, anche a fare lezione quando il tempo lo consente.Discorso più complicato sull’uso della mascherina. Secondo Remuzzi il dispositivo di protezione è una delle poche cose davvero importanti per contenere l’epidemia, ma i ragazzi le trovano insopportabili. “Un compromesso accettabile potrebbe essere quello di chiedere loro di mettere la mascherina e di utilizzarla correttamente solo quando è impossibile mantenere le distanze, almeno per i più grandi e almeno da noi. In altre parti del mondo invece, Cina, Sud Corea, Giappone, Vietnam, la mascherina è un’abitudine, la si usava anche prima del Covid, ormai è come se facesse un po’ parte dell’abbigliamento – spiega Remuzzi -. In Europa c’è la Germania che è molto permissiva e chiede agli studenti di portare la mascherina solo quando vanno in bagnolo o sono in tanti vicini in uno spazio piccolo. 

In caso di positività di un alunno la risposta sul “cosa fare ce l’avremo solo dopo che si sapranno i risultati di due studi in corso in Germania e nel Regno Unito che hanno affrontato questo problema in modo sistematico: tamponi ai bambini delle scuole e ai loro familiari, e dosaggio degli anticorpi”.

Da prendere in considerazione è anche il possibile timore degli insegnanti di tornare in classe, per paura del contagio. Dall’analisi di Science è emerso in modo abbastanza chiaro che i casi di malattie gravi tra gli insegnanti sono davvero pochi, con un’eccezione sola, quella della Svezia, dove non si è fatta mai nessuna politica di chiusura delle scuole, nemmeno nei momenti di massima diffusione del virus. Il risultato è che diversi insegnanti si sono ammalati e qualcuno è anche morto. Ma, per Remuzzi, “il caso della Svezia non deve diventare una scusa per tenere chiuse le scuole da noi per esempio anche in autunno, perché nel resto d’Europa i rischi che si sviluppino focolai a scuola sono veramente trascurabili”. 

Quanto al fatto che la scuola possa rappresentare un rischio per la comunità questo è davvero improbabile, a detta degli epidemiologi della London School of Hygiene &Tropical Medicine. Di fatto in Danimarca si sono aperte le scuole appena i casi cominciavano a diminuire e non è successo niente; in Olanda mentre il numero di nuove infezioni era stabile, il numero di nuovi casi è rimasto stabile e poi è diminuito proprio mentre le scuole si riaprivano, e lo stesso è stato in Finlandia, Belgio e Austria.

Secondo il direttore dell’istituto Negri di Bergamo, non bisogna pensare che i bambini non si ammalano mai, “ma la probabilità di ammalarsi o morire di Covid è molto inferiore a quella di incorrere in altri guai”. Negli Stati Uniti, ad esempio, fino al 24 giugno sono morti con un’infezione da Covid-19 28 bambini sotto i 14 anni. Nello stesso periodo, sempre negli Stati Uniti, 9.622 bambini della stessa età sono morti di incidenti stradali o domestici, suicidi, omicidi e altre malattie che non hanno niente a che vedere con Covid.

Il dottor Munro, un pediatra di Southampton, sostiene anche che tenere i bambini lontani dalla scuola è un rischio anche per la loro salute: finiscono per fare meno attività fisica, per dormire male, per avere problemi nutrizionali, depressione, ansietà, senso di isolamento sociale. Un editoriale del Times afferma fra l’altro che perdere opportunità di formazione per un periodo prolungato sarà “catastrofico” per i bambini.  In conclusione, Remuzzi pensa che “le scuole debbano essere riaperte, al più presto. Lo si sarebbe dovuto fare già a giugno, con attenzione, prudenza, poche regole (ma chiare) e tanto buon senso”.