Roberto Guerrieri, infermiere di Emergency, ha trascorso cinque mesi a Gaza. Prima una missione di due mesi, poi una pausa in Italia, quindi altri tre mesi consecutivi.

“Vedo i miei amici, i miei colleghi gazawi, persone che desiderano le stesse cose che desidero io: una vita tranquilla, vedere crescere i propri figli. Ma non possono farlo – racconta – Gaza è un luogo dal quale non si può scappare. La maggior parte della popolazione è affamata, non ha più una casa, non ha più una dignità. La guerra non è solo le bombe: questo assedio è una progressiva eliminazione della dignità di un uomo”.

Guerrieri ricorda anche le difficoltà quotidiane: “Andare al bagno può significare camminare 500-600 metri fino a una latrina comune e fare due o tre ore di fila, magari con la dissenteria, vivendo in condizioni di promiscuità totale nei campi profughi. Questo dà l’idea di come si riesce a togliere la dignità a un essere umano”.

Particolare attenzione è stata dedicata ai bambini: “A maggio vedevamo due o tre casi di malnutrizione a settimana. Oggi, mi riferiscono i colleghi, ne trattiamo circa sessanta ogni settimana. E so che ci sono centri che ne vedono anche di più”.

Tornato in Italia, l’infermiere cerca un equilibrio tra il lavoro e la famiglia, ma si prepara a ripartire: “Questo è il mio lavoro e mi piace, ma non è facile. Il mio pensiero quotidiano va sempre lì, anche perché ho lasciato colleghi e amici. Quando ti confronti con persone costrette a quelle condizioni e diventano anche i tuoi amici, è difficile dimenticare quel luogo”.

La testimonianza a Èlive