Il Piano “è in piena coerenza con i sei pilastri del Ngeu (Next generation Eu) e soddisfa i parametri fissati dai regolamenti europei, con una quota di progetti ‘verdi’ pari al 38 per cento del totale e di progetti digitali del 25 per cento. Lo scrive il presidente del Consiglio, Mario Draghi, nella bozza del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) che dovrebbe essere discussa in Cdm.

“Il 40 per cento circa delle risorse del Piano sono destinate al Mezzogiorno, a testimonianza dell’attenzione al tema del riequilibrio territoriale” scrive ancora precisando che il governo “ha predisposto uno schema di governance del Piano che prevede una struttura di coordinamento centrale presso il ministero dell’Economia”.

“Questa struttura – continua – supervisiona l’attuazione del piano ed è responsabile dell’invio delle richieste di pagamento alla Commissione europea, invio che è subordinato al raggiungimento degli obiettivi previsti. Accanto a questa struttura di coordinamento, agiscono una struttura di valutazione e una struttura di controllo. Le amministrazioni – continua – sono invece responsabili dei singoli investimenti e delle singole riforme; inviano i loro rendiconti alla struttura di coordinamento centrale, per garantire le successive richieste di pagamento alla Commissione europea”.

Oggi il piano arriva in Consiglio dei ministri per un primo esame. Nella prossima settimana il presidente del Consiglio Mario Draghi presenterà il piano alle Camere, che dovrebbero dare il via libera, in tempo utile per l’invio a Bruxelles il 30 aprile. Riforme e investimenti organizzati in sei missioni, che raggruppano sedici componenti, per 221,5 miliardi di investimenti complessivi, di cui 191,5 provenienti dalla Recovery and resilience facility (Rrf): questi i numeri che emergono dalla bozza di presentazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), messa a punto in vista del Consiglio dei ministri che dovrà esaminare il documento. Gli obiettivi chiave del piano sono quelli di “riparare i danni economici e sociali della crisi pandemica” e “contribuire ad affrontare le debolezze strutturali dell’economia italiana”.

Sono previsti 30 miliardi di euro per un fondo complementare extra-Recovery, che non avrà nessun obbligo di rendicontazione a Bruxelles e la possibilità di scadenze più lunghe rispetto al 2026 in alcuni casi. Secondo il documento, la crescita media del Pil tra il 2022 e il 2026 sarà di 1,4 punti più alta rispetto al periodo 2015-2019, mentre nel 2026 il Pil sarà di 3 punti percentuali più alto rispetto allo scenario di base (senza il Pnrr). Insieme al piano, per accompagnare gli investimenti, sono previste due riforme strutturali: quella della pubblica amministrazione e quella giustizia. La bozza prevede che, insieme alle riforme strutturali, siano messe a punto anche “riforme abilitanti”, come le semplificazioni per la concessione di permessi e autorizzazioni, e interventi sul codice degli appalti, oltre che “riforme settoriali specifiche”, come nuove regole per la produzione di rinnovabili, e interventi sul contratto di programma per le ferrovie.

Ben 42,5 miliardi di euro destinati alla missione “Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura”; l’obiettivo complessivo è quello di promuovere e sostenere la trasformazione digitale del Paese e l’innovazione del sistema produttivo. Sono 57 i miliardi di euro destinati alla missione “Rivoluzione verde e alla transizione ecologica”, con l’obiettivo di migliorare la sostenibilità e la resilienza del sistema economico assicurando una transizione equa e inclusiva.

Alla missione “Infrastrutture per una mobilità sostenibile” sono destinati 25,3 miliardi di euro, per lo sviluppo razionale di una infrastruttura di trasporto moderna, sostenibile ed estesa a tutte le aree del Paese. Ben 31,9 i miliardi di euro destinati alla missione “Istruzione e ricerca”, al fine di rafforzare il sistema educativo, le competenze digitali e Stem (cioè Scienze, tecnologia, ingegneria e matematica), la ricerca e il trasferimento tecnologico. Sono 19,1 i miliardi di euro destinati a “Inclusione e coesione”, con l’obiettivo di facilitare la partecipazione al mercato del lavoro, anche attraverso la formazione e rafforzare le politiche attive del lavoro, e di favorire l’inclusione sociale.

Alla missione “Salute” invece sono destinati 15,6 miliardi di euro. Si tratta dell’8 per cento delle risorse. L’obiettivo complessivo è quello di rafforzare la prevenzione e i servizi sanitari sul territorio, modernizzare e digitalizzare il sistema sanitario e garantire equità di accesso alle cure.