Una terapia innovativa che sarebbe in grado di migliorare in modo significativo i disturbi di memoria nelle persone affette dal morbo di Alzheimer. Questo sarebbe il risultato di uno studio effettuato Clinica Neurologica dell’Università degli Studi di Brescia e l’UOC Neurologia 2 dell’ASST Spedali Civili di Brescia, sotto la direzione del professor Alessandro Padovani.

Il lavoro scientifico riporta gli effetti di un trattamento di stimolazione elettrica non invasiva in grado di sincronizzare i ritmi cerebrali grazie al quale è stato osservato un miglioramento significativo dei disturbi di memoria unitamente ad un miglioramento dell’alterazione dei circuiti corticali cerebrali associati alla malattia.

Nella malattia di Alzheimer, i ritmi o “onde” cerebrali tendono a rallentare progressivamente, associandosi a un graduale peggioramento dei sintomi, in particolare del disturbo di memoria. Il trattamento di stimolazione, denominato gamma t-ACS, prevede la somministrazione di deboli onde elettriche mirate a normalizzare i ritmi cerebrali a una frequenza fisiologica.

“In considerazione dei risultati estremamente incoraggianti, stiamo mettendo a punto un sistema per indurre effetti a lungo termine tramite stimolazioni ripetute quotidianamente, con un protocollo di applicazione domiciliare – fanno sapere gli studiosi – Questo permetterebbe di ‘portare la terapia a casa del paziente’ con un monitoraggio effettuato dal personale sanitario in telemedicina, riducendo gli accessi in ospedale e migliorando i bisogni dei pazienti e dei loro famigliari”.

L’auspicio, qualora i risultati venissero confermati, è quello di diffondere fra i malati del morbo questa terapia specialmente nelle sue fasi iniziali.

“La demenza di Alzheimer oggi colpisce circa il 5% delle persone con più di 60 anni in Italia vengono stimati circa 500mila pazienti – spiega il prof. Padovani -. La malattia colpisce principalmente la capacità di ricordare, si ripercuote sulla capacità di pensare e determina cambiamenti di umore e disorientamento. Un costo enorme a livello psicologico per i malati e le famiglie, ma anche un notevole impatto sul sistema socio-sanitario. La messa a punto di nuove strategie terapeutiche è un obbligo morale per chi si occupa di malattia di Alzheimer”.