La stretta commerciale degli Stati Uniti si fa sentire anche a Brescia: 2 aziende manifatturiere su 3 risultano colpite, direttamente o indirettamente, dai dazi introdotti o annunciati oltreoceano. Ma l’industria bresciana non resta a guardare: il 72% delle imprese coinvolte sta già mettendo in campo contromisure per difendere il proprio export e ridurre i rischi.

È quanto emerge dal terzo numero di BFocus, l’osservatorio economico realizzato da Confindustria Brescia e OpTer – Università Cattolica, che ha analizzato un campione di circa 200 aziende con un fatturato complessivo di oltre 12 miliardi di euro.

Nuovi mercati oltre gli USA

La reazione più diffusa è quella più “naturale”: il 35% delle imprese sta cercando nuovi clienti fuori dagli Stati Uniti, puntando su mercati come Unione Europea, India, Canada, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti.
Al secondo posto (32%) c’è chi lavora sull’ottimizzazione dei costi doganali, sfruttando regole e semplificazioni disponibili nei singoli Paesi.

Altre strategie includono:

  • Investimenti negli USA per produrre direttamente in loco (19%);
  • Anticipo di consegne prima dell’entrata in vigore dei dazi (17%);
  • Modifica dei prezzi (16%) o della qualità dei prodotti (11%).

Solo un ridottissimo 3% delle aziende ha scelto di abbandonare il mercato americano, a dimostrazione di quanto resti centrale nelle strategie internazionali delle imprese bresciane.

L’incertezza è il vero ostacolo

Secondo Maria Chiara Franceschetti, vicepresidente di Confindustria Brescia, il vero problema non sono solo i dazi in sé, ma il clima di incertezza continua: “Tra annunci, smentite e rinvii, diventa difficile pianificare. Le imprese però si stanno muovendo con rapidità e intelligenza, cercando nuove opportunità”.

Anche Giovanni Marseguerra, direttore dell’Osservatorio OpTer, sottolinea il quadro globale: “I dazi non sono più solo uno strumento economico, ma una leva politica. Le imprese devono ora ripensare strategie, mercati e catene di fornitura in un mondo che cambia rapidamente”