“Mario” (nome di fantasia), marchigiano tetraplegico immobilizzato da 10 anni, è il primo malato a ottenere il via libera al suicidio medicalmente assistito. L’uomo ha chiesto da oltre un anno all’azienda ospedaliera locale che fossero verificate le sue condizioni di salute per poter accedere, legalmente in Italia, ad un farmaco letale per porre fine alle sue sofferenze.

Questo l’inizio dell’iter previsto in applicazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 242/2019 che indica le condizioni di non punibilità dell’aiuto al suicidio assistito. Dopo il diniego dell’Azienda sanitaria unica regionale Marche (Asur), una prima e una seconda decisione definitiva del Tribunale di Ancona, due diffide legali all’Asur Marche, “Mario” ha finalmente ottenuto il parere del Comitato etico che, a seguito di verifica delle sue condizioni tramite una gruppo di medici specialisti nominati dall’Asur, ha confermato che Mario possiede i requisiti per l’accesso legale al suicidio assistito.

“Mi sento più leggero, mi sono svuotato di tutta la tensione accumulata in questi anni”, ha dichiarato l’uomo. Il suo difensore, Filomena Gallo, segretario dell’Associazione Luca Coscioni, ha spiegato che “il comitato etico ha esaminato la relazione dei medici che nelle scorse settimane hanno attestato la presenza delle 4 condizioni stabilite dalla Corte Costituzionale nella sentenza Cappato-Dj Fabo, ovvero Mario è tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale; è affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che reputa intollerabili; è pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli; e che non è sua intenzione avvalersi di altri trattamenti sanitari per il dolore e la sedazione profonda”.

E’ però “molto grave – ha sottolineato – che ci sia voluto tanto tempo, ma finalmente per la prima volta in Italia un Comitato etico ha confermato per una persona malata, l’esistenza delle condizioni per il suicidio assistito”.

“Su indicazione di Mario – ha aggiunto Gallo – procederemo ora alla risposta all’Asur Marche e al comitato etico, per la parte che riguarda le modalità di attuazione della scelta di Mario, affinché la sentenza Costituzionale e la decisione del Tribunale di Ancona siano rispettate. Forniremo, in collaborazione con un esperto, il dettaglio delle modalità di autosomministrazione del farmaco idoneo per Mario, in base alle sue condizioni. La sentenza della Corte costituzionale pone in capo alla struttura pubblica del servizio sanitario nazionale il solo compito di verifica di tali modalità previo parere del comitato etico territorialmente competente”.

Dopo la sentenza della Corte Costituzionale che ha a tutti gli effetti legalizzato il suicidio assistito, “nessun malato ha finora potuto beneficiarne, in quanto il Servizio sanitario nazionale si nasconde dietro l’assenza di una legge che definisca le procedure – ha replicato Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni -. Mario sta comunque andando avanti grazie ai tribunali, rendendo così evidente lo scaricabarile in atto. Dopo aver smosso l’Azienda sanitaria locale che si rifiutava di avviare l’iter, ora è stata la volta del Comitato etico. Manca ora la definizione del processo di somministrazione del farmaco eutanasico”.

Un percorso tortuoso – si legge nella nota dell’Associazione Luca Coscioni – dovuto anche alla paralisi del Parlamento, che ancora dopo tre anni dalla richiesta della Corte costituzionale non riesce a votare nemmeno una legge che definisca le procedure di applicazione della sentenza della Corte stessa. Il risultato di questo scaricabarile istituzionale è che persone come Mario sono costrette a sostenere persino un calvario giudiziario, in aggiunta a quello fisico e psicologico dovuto dalla propria condizione.

È possibile che la decisione del Comitato etico consentirà presto a Mario di ottenere ciò che chiede da 14 mesi. Ma è certo che per avere regole chiare che vadano oltre la questione dell’aiuto al suicidio e regolino l’eutanasia in senso più ampio sarà necessario l’intervento del popolo italiano, con il referendum che depenalizza parzialmente il reato di omicidio del consenziente.

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