I primi due provvedimenti all’ordine del giorno del Consiglio dei ministri, convocato per lunedì 31 ottobre, alle ore 13 a palazzo Chigi, riguarderanno la giustizia. Lo si apprende da fonti di palazzo Chigi. Al primo punto un decreto legge per mantenere il cosiddetto ‘ergastolo ostativo’, considerato dal governo Meloni uno strumento “essenziale” nel contrasto alla criminalità organizzata. Un provvedimento prioritario e diventato “urgente” alla luce dell’udienza della Corte costituzionale fissata per l’8 novembre 2022. Il testo in esame ricalca il disegno di legge n. 2574 già approvato nella passata legislatura dalla Camera dei deputati e punta a “evitare le scarcerazioni facili dei mafiosi”, perché permette l’accesso ai benefici penitenziari al condannato che abbia dimostrato una condotta risarcitoria e la cessazione dei suoi collegamenti con la criminalità organizzata. “Una corsa contro il tempo – è il ragionamento del governo – per garantire sicurezza sociale e impedire che ai detenuti mafiosi possano aprirsi le porte del carcere pur in costanza del vincolo associativo”.

Sempre sul tema della giustizia, il Consiglio dei ministri affronterà – continuano le stesse fonti – il rinvio al 30 dicembre 2022 dell’entrata in vigore di alcune disposizioni della ‘Riforma Cartabia’, raccogliendo le criticità già emerse nel dibattito parlamentare e che sono state confermate in questi giorni dagli operatori del diritto con una lettera al ministro della Giustizia. Il provvedimento intende “rispettare le scadenze del Pnrr e consentire la necessaria organizzazione degli uffici giudiziari”. Il terzo punto all’ordine del giorno toccherà, invece, il tema della salute. All’esame del Consiglio dei ministri ci sarà l’anticipo al primo novembre 2022 della scadenza dell’obbligo vaccinale per chi esercita la professione sanitaria e la conseguente abrogazione delle sanzioni per l’inosservanza dell’obbligo. “L’obiettivo – è il ragionamento – è dare seguito all’indicazione tracciata dal presidente Meloni nelle sue dichiarazioni programmatiche rese in Parlamento e segnare così un primo atto di discontinuità, rispetto ai precedenti esecutivi, nella gestione della pandemia da Covid-19”.