Fondazione della Comunità Bresciana apre un nuovo capitolo del proprio impegno sul carcere di Canton Mombello. La nuova linea programmatica, presentata al Teatro Sociale durante lo spettacolo “La terza branda” messo in scena dai detenuti, punta a un intervento strutturale e continuativo sul tema della detenzione e della reintegrazione sociale.
Il progetto nasce dopo oltre un anno di lavoro e parte da un dato ormai noto: a fronte di una capienza regolamentare di 182 posti, nella casa circondariale bresciana sono presenti quasi 400 detenuti. Un sovraffollamento cronico che incide sulle condizioni di vita, sulla gestione degli spazi e sulla possibilità di attivare percorsi realmente rieducativi.
La Fondazione intende agire su più fronti. Tra le priorità figura il contrasto alla recidiva attraverso strumenti predittivi già sperimentati all’estero, un rafforzamento dei servizi sociali e un aumento della presenza di mediatori culturali e volontari. Un altro ambito è quello sanitario, con l’obiettivo di migliorare l’assistenza, dotare la struttura di attrezzature adeguate e garantire maggiore supporto ai detenuti con patologie psichiatriche, spesso aggravate dal contesto detentivo.
Il programma comprende anche un filone dedicato alle criticità strutturali dell’edificio, risalente ai primi del Novecento e inadeguato per spazi, laboratori e ambienti di convivenza. Accanto a questo, la Fondazione punta a incidere sulla narrazione pubblica del carcere, ritenuta fondamentale per favorire il reinserimento: trovare una casa, un lavoro e una rete di sostegno resta spesso la parte più difficile per chi esce da Mombello.
Accanto agli interventi programmati, la Fondazione lancia anche una campagna di raccolta fondi aperta all’intera comunità, invitata a contribuire alla costruzione di un percorso condiviso e duraturo. L’evento al Teatro Sociale ha segnato simbolicamente l’avvio di questo nuovo impegno, con l’intenzione di trasformare la riflessione sul carcere in un lavoro stabile che coinvolga istituzioni, terzo settore e cittadini.
“Una causa che riguarda gli ultimi degli ultimi – spiega il presidente della fondazione Mario Mistretta – nonostante la casa circondariale sia nel centro storico della nostra città, nella percezione è come se fosse su un altro pianeta, quasi non riguardasse chi sta fuori. Eppure i detenuti sono cittadini a tutti gli effetti, che stanno scontando la pena e che quando escono tornano in società. Perché questo avvenga senza che recidivino, la città tutta deve adoperarsi per un rientro effettivo, inclusivo e costruttivo”. Queste persone, ricorda ancora Mistretta, “possono essere i nostri vicini di casa, li troviamo al bar, i loro figli vanno a scuola con i nostri. È quindi una questione che riguarda tutti”.













































