Un allarme che non suona come nuovo quello lanciato questa mattina dal garante dei detenuti in merito al sovraffollamento e alle cattive condizioni per quanto riguarda la qualità della vità a Canton Mombello. Dicevamo non nuovo perché il garante lo aveva già messo nero su bianco nel 2019, ma a distanza di tre anni e di una pandemia nulla è cambiato se non in peggio.

Perciò sono proprio i detenuti a lanciare uno sciopero, una protesta interna che però sia pacifica e non vada a ledere alcun diritto. La loro volontà, espressa in una lunga lettera aperta, è quella di far sentire la loro voce all’esterno del carcere.

Hanno deciso di chiamarla “Mir”, Manifestiamo insieme responsabilmente. Ma non è semplice protestare in cella senza creare scompiglio. Quindi come fare?

“Abbiamo deciso di sperimentare una forma di manifestazione alternativa del nostro disagio, una manifestazione consistente nel rifiuto consapevole dei mezzi che tradizionalmente i detenuti sono costretti a usare per far parlare di loro – scrivono – Non faremo nulla di irresponsabile qui dentro ma chiediamo fortemente di essere ascoltati e considerati”.

La tematica indubbiamente più pressante è quella del sovraffollamento che per chi lo vive non è solo una problematica relativa ai metri quadrati disponibili. Va ben oltre abbracciando la speranza per la mancanza del persona educativo, la sanità che non può raggiungere tutti al momento del bisogno, la famiglia con la difficile gestione dei contatti e l’impossibilità o quasi di lavorare.

Secondo i detenuti mancano però anche le forniture di beni igienici e di pulizia che il carcere non riesce a sostenere per tutti.

“Non chiediamo di evitare la nostra pena – la richiesta finale – ma urliamo a gran voce che vogliamo scontarla con dignità e con la possibilità di tornare non solo liberi ma migliori”.