Dalle prime ore di questa mattina 150 carabinieri del Comando Provinciale di Brescia stanno eseguendo, in tutta Italia, una misura cautelare nei confronti di numerose persone. Le province coinvolte, oltre alla nostra, sono quelle di Milano, Bergamo, Mantova, Lodi, Alessandria, Novara, Varese, Parma e Piacenza.

Il provvedimento è stato eseguito nei confronti di 30 persone, ritenute a vario titolo responsabili di “associazione per delinquere” finalizzata alla commissione di reati tributari e/o di appropriazione indebita al fine di agevolare alcune società nell’evasione delle imposte sul reddito e sul valore aggiunto, attraverso l’emissione di fatture per operazioni inesistenti e conseguente “trasferimento fraudolento di valori”. Sono state anche accertate e contestate condotte relative alla detenzione ai fini dello spaccio di ingenti quantitativi di stupefacenti (hashish e cocaina).

L’indagine, denominata “Sweet Water”, è iniziata dal sequestro di 31 chili di hashish con l’arresto di 3 pregiudicati, avvenuti il 22 luglio 2018 a Rezzato. Le successive verifiche hanno poi portato nell’ottobre seguente all’individuazione di questa associazione a delinquere in reati fiscali e di spaccio di narcotici. In particolare è stata accertata una tratta che dalla Spagna importava hashish e cocaina in Italia per la piazza bresciana.

Le indagini hanno permesso di identificare il mandante della partita di droga: si tratta del bresciano pregiudicato Massimo Labinelli che ormai vive stabilmente in Spagna. Sul lato finanziario invece, erano Giovanni Bertozzi e Bruno Claudio Marzoli a occuparsi dell’evasione e della monetizzazione tramite conti correnti esteri grazie alla fondamentale collaborazione dell’esperto contabile tributarista Giuseppe Familiari. Questi, grazie alla collaborazione di un commercialista compiacente e altri complici italiani e stranieri, aveva costruito un articolato schema che prevedeva l’emissione di fatture false per operazioni inesistenti che nei soli anni 2018 – 2019 avevano consnetito all’organizzazione di guadagnare oltre 32 milioni di euro.

Il progetto criminale consisteva nella costituzione di temporanee società “cartiere” fittiziamente intestate a consapevoli e retribuiti “prestanome”, mediante le quali venivano emesse numerose fatture per operazioni inesistenti, del valore anche di centinaia di migliaia di euro, in favore di società compiacenti realmente esistenti e regolarmente operative nel settore dell’edilizia, della lavorazione tessile o dei metalli.

Queste ultime, alla ricezione della fattura, disponevano un bonifico all’indirizzo del conto corrente della “cartiera” con il fine di attribuire una parvenza di normalità all’operazione commerciale in realtà solamente simulata e di ottenere così il trasferimento delle somme di denaro.

Non appena ricevuto il pagamento sul conto delle “cartiere”, gli indagati inviavano le somme in conti correnti esteri (in Francia, Ungheria, Bulgaria e Cina), gestiti da Maurizio Merlo con la collaborazione dei due figli, Francesco e Luca, e intestati a società compiacenti che, attraverso l’aiuto di un cittadino cinese, monetizzavano il denaro con prelievi di contante, restituito agli indagati che, a loro volta, lo riconsegnavano agli amministratori delle società realmente operative che avevano incassato la fattura fittizia e disposto il primo bonifico (ovviamente al netto del prezzo del reato stabilito complessivamente attorno al 7% di ciascuna falsa fattura emessa e pagata).

Simulando spese in realtà mai sostenute, le società realmente operative oltre a disporre di ingenti somme di denaro contante di provenienza illecita, ottenevano l’erosione della propria base imponibile ai fini delle imposte sul reddito.

Il tutto è stato confermato con il successivo sequestro delle scritture contabili. Questo ha consentito di delineare meglio le diverse responsabilità penali per ciascun indagato e quantificare l’evasione fiscale per un importo di molto superiore ai 9 milioni di euro per il solo anno 2018 e parte del 2019. Attualmente sono in corso sequestri di beni mobili e immobili per un valore di circa 13 milioni di euro fra cui ci sarebbe anche la villa faraonica del complice cinese.

Nel dettaglio i numero dell’operazione sono:

  • 15 persone in carcere (11 per associazione per delinquere)
  • 3 persone agli arresti domiciliari
  • 11 ordinanze di interdizione dalla professione dell’attività di imprenditore commerciale e amministratore di imprese commerciali per un anno
  • 51 sequestri preventivi per il valore – come detto – di 13 milioni

I beni sequestrati:

  • quote societarie di nr. 4 imprese commerciali;
  • 1 villetta a Chiari;
  • 4 appartamenti rispettivamente in provincia di Brescia, Milano e Bergamo;
  • 7 autorimesse;
  • 1 magazzino commerciale;
  • 6 quote proporzionali di abitazioni;
  • 5 quote proporzionali di autorimesse;
  • 2 terreni siti nella provincia di Brescia;
  • 250 conti correnti in Italia;
  • denaro contante.