Lo scorso anno nella città di Brescia è stato rispettato ovunque il limite sulla media annua del PM10, stesso vale per le PM2.5. Questo è in estrema sintesi il quadro della situazione dell’aria di Brescia fatto questa mattina a Palazzo Loggia dall’assessore Miriam Cominelli con la presenza dei vertici di Arpa.

Nel dettaglio la media annua di PM10 si è attestata a 40 µg/m3, con concentrazioni pari a 32, 31 e 30 µg/m3 rispettivamente nelle postazioni di Brescia via Tartaglia, Brescia Villaggio Sereno e Brescia via Broletto. Nelle stesse stazioni è stato invece superato il limite giornaliero del PM10 con rispettivamente 55, 59, 42 superamenti. Secondo il Comune però “tali valori rappresentano comunque un miglioramento rispetto al passato, quando venivano registrati anche più di 100 superamenti all’anno”.

Per quanto riguarda le 2.5 si sono registrate concentrazioni pari a 22, 21 e 18 µg/m3 rispettivamente a Villaggio Sereno, San Polo e Broletto a fronte di un limite normativo di 25 µg/m3. Dati che evidenziano una sostanziale uniformità con le PM10.

Diverso è il caso del biossido di azoto: in questo caso i dati rilevati dalle stazioni sono molto diversificati in relazione al punto di misura: si va da 24 µg/m3 misurati nella stazione di via Sabbioneta a San Polo, 27 µg/m3 a Broletto, 37 µg/m3 in via Tartaglia e 41 µg/m3 in via Turati, unica stazione dell’agglomerato a superare nel 2021 il limite di 40 µg/m3. Tale diversità non è casuale, ma è legata alla tipologia di inquinante che, a differenza del PM10 e del PM2.5, è molto più variabile sul territorio, in relazione alle emissioni da traffico.

Disuniforme sul territorio è anche la situazione del benzo(a)pirene che vede i suoi massimi nelle aree del territorio dove è più diffusa la combustione della legna (come in Val Camonica) e meno in città dove una buona parte del riscaldamento degli edifici è garantita dal teleriscaldamento.

L’ozono supera invece gli obiettivi previsti dalla normativa per la protezione della salute e della vegetazione su tutto il territorio, in modo diffuso e sostanzialmente uniforme, a testimoniare la natura secondaria di questo inquinante che si forma in atmosfera da reazioni fotochimiche che coinvolgono diverse sostanze (ossidi di azoto e i composti organici volatili) su scale spaziali di decine di chilometri.

Nei mesi scorsi sono state più volte avanzate da gruppi ambientalisti critiche sulla gestione, la disposizione e il funzionamento delle centraline per il rilevamento degli inquinananti. A tal proposito gli Enti di difendono: “Se è fisiologico che la strumentazione, che funziona 24 ore su 24, abbia guasti o malfunzionamenti, è poi da sottolineare come complessivamente i dati disponibili superano da anni le soglie di continuità minime previste dalla norma per poter considerare valido il dato ottenuto. Ad esempio, durante il 2021 sono risultati disponibili rispettivamente il 97% , 95% e 93% dei dati di PM10 misurati nelle stazioni di Brescia Villaggio Sereno, Broletto e via Tartaglia (percentuale calcolata su 365 giorni)”.

Come abbiamo visto l’Arpa tiene quindi a corroborare le sue valutazioni ribadendo la bontà delle rilevazioni fatte durante l’anno, ma anche per il numero e la posizione delle centraline.

“I punti di misura di PM10 e PM2.5 nell’agglomerato di Brescia sono complessivamente pari a 7 (oltre a quello nella stazione industriale di Rezzato) quando dovrebbero essere 3 – si legge nella nota – I punti di rilevazione di NO2 sono 6 (oltre a quello di Rezzato) a fronte di un numero minimo di 2, e anche le postazioni per la misura dell’ozono sono 2 rispetto all’unica richiesta della normativa”.