
Una trama finanziaria che attraversa mezzo continente, un giro di fatture fantasma da oltre 30 milioni di euro e una rete di intermediari capace di trasformare bonifici “puliti” in contante immediato, consegnato in strada e custodito in appartamenti anonimi. È il cuore dell’inchiesta che la Squadra Mobile di Brescia ha portato alla luce con un’operazione scattata all’alba e culminata in nove fermi e nel sequestro di circa mezzo milione di euro.
La scena più eclatante si consuma proprio durante una delle perquisizioni: per evitare che gli agenti sequestrassero il denaro, alcuni indagati hanno scaraventato pacchi di banconote dalla finestra per circa un quarto di milione, in un gesto che restituisce la misura del tesoro movimentato dall’organizzazione.
L’intervista
La pista parte da Firenze e passa per Lumezzane
L’indagine nasce nel marzo 2025 dal raggiro ai danni dell’Opera Santa Maria del Fiore, istituzione che sovrintende ai più importanti monumenti religiosi fiorentini. Gli investigatori scoprono che una truffa informatica, basata sulla tecnica del “man in the middle”, ha dirottato un bonifico da 1,78 milioni di euro destinato a lavori di restauro verso un conto corrente intestato a un soggetto fittizio.
È qui che emerge un dettaglio chiave: tra le prime movimentazioni individuate vi è un IBAN riconducibile a Lumezzane, punto di accesso decisivo per risalire a una rete molto più ampia e strutturata di quanto apparisse inizialmente.
Due fratelli al centro della rete
Dalla prima traccia si arriva al cuore del sistema: due fratelli italiani, veri facilitatori dell’intera architettura criminale. Sono loro a reclutare imprenditori disposti a generare fatture per lavori mai esistiti, a fornire società cartiere intestate a prestanome e a mantenere i contatti con gruppi cinesi con basi operative tra Milano, Vicenza e Prato.
Il meccanismo è semplice quanto lucrativo:
- le società cartiere emettono le fatture false;
- gli imprenditori versano i bonifici su conti aperti in Europa, Asia e Africa;
- il denaro rientra in Italia in contanti, decurtato da una doppia commissione: tra il 2% e il 7% per i gruppi cinesi, un ulteriore 2% per i due intermediari italiani.
Il punto nevralgico dello stoccaggio è un appartamento milanese riconducibile a una cittadina cinese, trasformato in deposito di banconote. Qui gli emissari italiani ritirano le somme, che vengono poi trasferite verso la provincia di Brescia da una squadra di “spalloni”. Per ogni consegna viene utilizzato un codice PIN di riconoscimento, dettaglio che testimonia l’organizzazione meticolosa del gruppo.
Quasi 200mila euro in auto
Nel corso dei sei mesi monitorati, gli investigatori documentano movimenti per oltre 30 milioni di euro. Uno degli episodi più significativi avviene il 4 settembre 2025, quando la Polizia Stradale di Brescia intercetta una donna cinese proveniente da Vicenza: nell’auto, ben occultati, vengono trovati quasi 200mila euro in contanti, confezionati in involucri termosaldati.
L’altro fronte della frode
Parallelamente, gli stessi intermediari sono coinvolti nella distrazione dei fondi sottratti a una società ceca attraverso una seconda truffa informatica. Il denaro, transitato su conti esteri, viene successivamente consegnato in Italia in contanti, ancora una volta attraverso la mediazione di connazionali cinesi e con una percentuale trattenuta a ogni passaggio.
Una rete ancora da completare
L’operazione ha portato a nove fermi in sette province, alla perquisizione di 21 soggetti e società e al sequestro di ingenti somme. Un decimo indagato risulta latitante e la sua posizione è ora oggetto di ricerche internazionali.
Le indagini, fanno sapere gli inquirenti, sono tutt’altro che concluse: restano da mappare i flussi esteri, comprendere la rete di imprenditori che ha beneficiato del sistema e definire l’ampiezza del circuito finanziario che ha permesso di sottrarre oltre 2 milioni di euro solo all’Opera fiorentina.
Le banche occulte cinesi
Nel corso dell’indagine emerge un elemento che, secondo la Procura di Brescia, rappresenta oggi uno dei fronti più insidiosi del riciclaggio internazionale: l’espansione dei circuiti finanziari paralleli riconducibili a gruppi cinesi, vere e proprie banche occulte in grado di movimentare ingenti quantità di contante fuori da ogni tracciabilità. Il procuratore Francesco Prete sottolinea come il fenomeno stia crescendo in modo costante e preoccupante: la quantità di denaro messo in circolazione da questi gruppi non trova spiegazioni trasparenti né fonti dichiarate, e questo rende estremamente complesso comprendere l’origine dei fondi e ricostruirne i movimenti.
Ciò che allarma gli investigatori – osserva Prete – non è solo la capacità dei gruppi cinesi di generare liquidità immediata, ma soprattutto la disinvoltura con cui molti operatori economici italiani si rivolgono a questi circuiti clandestini per ottenere contante aggirando la fiscalità. In questo schema, la vittima finale resta sempre la stessa: lo Stato, privato di milioni di euro che vengono drenati fuori dal territorio nazionale attraverso canali opachi e di natura transnazionale.
Il procuratore parla apertamente della difficoltà di investigare questi flussi: quando le indagini varcano i confini italiani, ci si scontra spesso con una “barriera elastica” che impedisce l’accesso alle informazioni bancarie estere, rallentando o rendendo impossibile la raccolta della prova. Una condizione che conferma come il sistema smantellato non sia un fenomeno isolato, ma parte di una struttura più ampia e radicata, capace di operare su scala internazionale e di eludere controlli, normative e cooperazione giudiziaria.














































