Nuove regole in arrivo per gli affitti brevi e il sistema diventa più rigido, soprattutto per chi mette a reddito più immobili. Con la manovra di Bilancio cambia la tassazione e, oltre una certa soglia, l’attività viene considerata a tutti gli effetti imprenditoriale, con obbligo di partita Iva e contributi Inps.
Per chi affitta una sola abitazione non cambia nulla: la cedolare secca resta al 21%. Chi affitta due immobili, invece, dovrà pagare il 26% su uno dei due, a scelta del proprietario, mentre sull’altro l’aliquota rimane al 21%.
La vera svolta riguarda chi affitta più di due case: in questo caso scatta l’obbligo di aprire la partita Iva, iscriversi all’Inps e versare i contributi previdenziali. Una soglia che si abbassa rispetto al passato, quando la locazione veniva considerata imprenditoriale solo oltre i cinque immobili.
Il risultato è un aumento netto di burocrazia e costi. Oltre alle imposte, crescono gli adempimenti amministrativi e spesso diventa necessario affidarsi a un commercialista. Un carico che si aggiunge agli obblighi già introdotti quest’anno, come il Codice identificativo nazionale per gli affitti brevi.
Sul mercato gli effetti si fanno già sentire. L’interesse dei piccoli proprietari è in calo e la redditività si assottiglia: tra tasse, spese, utenze e commissioni alle piattaforme, in alcuni casi resta poco più di un quarto dell’incasso lordo. Non a caso molti stanno tornando all’affitto tradizionale o ai contratti transitori.
Le nuove regole puntano a maggiore controllo e trasparenza, ma rischiano di scoraggiare ulteriormente i piccoli investitori. E per il mercato degli affitti brevi si apre una fase di incertezza, tra costi più alti e scelte sempre più obbligate.













































